domenica 9 dicembre 2007
Utilizzo didattico di internet
Oltre a questi scopi, si raggiunge l’obiettivo di far applicare agli studenti la stessa metodologia di lavoro che potranno trovare nel futuro della loro vita professionale.
Questo esercizio può essere implementato, in particolare in una classe quinta. Oltre ai particolari a norma, si può richiedere la ricerca di pezzi a commercio. Si potrebbero generare sfide tra gli studenti: chi trova per primo un particolare con caratteristiche che più si avvicinano a quelle stabilite; dado un prodotto che utilizza alcuni pezzi a commercio, trovare il posto più strategico, cioè più vicino ai diversi fornitori, dove insediare la relativa unità produttiva; trovare rivenditori web per gruppo di prodotti.
Gli studenti sarebbero anche più efficaci nello sviluppo dei progetti a loro assegnati, imparando a scaricare i disegni 2D e 3D di prodotti commerciali che diverse fonti nella rete rendono disponibili.
Video lezione
Giunto oldham
Ecco alcune delle immagini del giunto che grazie alla sua forma permette la trasmissione di un moto di rotazione fra due alberi i cui assi siano soggetti ad un leggero disallineamento parallelo:
Presentazioni a video
Dispensa di una lezione (parte 2)
La quotatura si riferisce al diametro esterno. E’ legata quindi alle linee grosse della vite e a quelle sottili del foro. Il diametro da quotare è quello nominale comune a vite e madrevite.
Per disegnare e quotare correttamente un foro cieco è utile seguire le fasi di lavorazione che lo caratterizzano, cioè foratura, eventuale svasatura e maschiatura. Il tratto di filetto incompleto è dovuto all’estremita conica del maschio.
Dal punto di vista della furizionalità è indispensabile garantire che la lunghezza della filettatura del foro risulti eccedente rispetto alla lunghezza di penetrazione della vite.
Per questo motivo la foratura deve essere da tre a cinque il passo più profonda rispetto al tratto di filetto che si pensa di impegnare.
Esistono norme (UNI5709, UNI5710, UNI ISO 4755) che regolamentano le dimensioni delle gole di scarico per filettatura che hanno i seguenti scopi:
1) evitano di avere un tratto terminale filettatura incompleta;
2) nel caso di filettature da macchina utensile di taglio, permettono il disimpegno dell’utensile ad ogni passata per evitare l’urto contro lo spallamento;
3) permettono di avvitare una vite fin contro lo spallamento o fino in fondo ad un foro;
4) si evitano bave nella parte finale del filetto lavorato.
6-Organi di collegamento filettati
Gli accoppiamenti tramite filettature si realizzano con i seguenti organi di collegamento definiti nelle loro dimensioni e caratteristiche da norme internazionali:
Vite
E’ un perno filettato in parte o completamente con o senza testa. Esistono diverse tipologie definite da norma.
Vite prigioniera
E’ un perno con le estremita filettate, una detta radice avvitata a fondo in un foro filettato, l’altra detta gambo inserita in un foro passante nel pezzo da collegare.
Dado
E’ la madrevite che realizza il bloccaggio avvitandosi sulla vite.
Rosette
Ne esistono di varie forme. Hanno lo scopo principale di ampliare la superficie di pressione del dado. Oltre alle rosette ordinarie se ne costruiscono per impieghi speciali, soprattutto per ostacolare lo svitamento spontaneo dei dadi.
Ecco, ad esempio, le principali tipologie di viti:
I tipi di collegamento che si possono realizzare sono:
Vite mordente
Si avvita in un foro filettato ricavato nell'ultimo dei pezzi da unire
Vite prigioniera
Si utilizza un prigioniero serrato tra radice e dado.
Bullone
Quando è munita di dado, la vite prende il nome di bullone. I particolari da serrare, muniti di fori passanti, sono impegnati fra dado e testa della vite.
Nella tabella seguente siono rappresentati i principali dispositivi contro l’allentamento spontaneo delle viti.
Dispensa di una lezione (parte 1)
Ecco un esempio di una dispensa sull'unità didattica che tratta delle unioni filettate:
Filettature (parte 1)
1-Collegamenti smontabili
Collegare due organi equivale a stabilire dei vincoli capaci di limitare o impedire il loro movimento reciproco.
Nei collegamenti smontabili il vincolo può essere dovuto all'attrito fra i due organi, opportunamente premuti l'uno contro l'altro, oppure all'azione di un ostacolo materiale. Una vite, per esempio, si mantiene nella propria sede a causa dell'attrito tra i filetti, mentre una spina inserita fra un albero e il relativo mozzo è un ostacolo che si oppone alla rotazione e allo scorrimento reciproco dei due organi.
Gli organi meccanici che consentono di realizzare dei collegamenti smontabili si possono ripartire nel modo seguente:
Collegamenti rigidi utilizzanti l'attrito
-organi filettati
-organi conici
-chiavette longitudinali.
Collegamenti rigidi mediante ostacolo interposto
-linguette e profili scanalati
-spine e chiavette trasversali
-anelli elastici.
Collegamenti elastici
-molle.
In questa dispensa si desrivono le caratteristiche gli organi filettati.
2-Accoppiamenti filettati: definizioni
Una vite con la relativa madrevite formano un accoppiamento filettato. La filettatura viene eseguita scavando o imprimendo un solco elicoidale, avente caratteristiche geometriche ben definite, sulla superficie esterna della vite e su quella interna della madrevite.
Il solco e il conseguente filetto in rilievo che ne risulta si dicono elicoidali perché si avvolgono a elica attorno all'asse centrale. L 'elica è la curva corrispondente alla traiettoria di un punto animato contemporaneamente di moto circolare continuo e di moto rettilineo uniforme parallelo all'asse di rotazione. E’ una linea che si avvolge attorno a un cilindro retto tagliandone le generatrici secondo un angolo costante.
La filettatura è caratterizzata dai seguenti elementi principali:
1-FORMA DEL PROFILO: una sezione assiale sulla vite determina un profilo di forma determinata, dipendente dalla funzione che la vite deve esercitare. Il profilo più usato è quello triangolare, che trova applicazione principalmente nelle viti di collegamento. Gli altri profili, a eccezione di quello semicircolare usato soprattutto nelle lampadine elettriche, servono per viti di manovra, destinate cioè a trasmettere un movimento (per esempio: madre vite del tornio).
2-NUMERO DEI PRINCIPI: le viti sono normalmente formate di un solo filetto e sono perciò dette a un principio, ma in certi casi conviene eseguire sulla stessa superficie due o più solchi elicoidali opportunamente sfasati. Si ottiene un passo lungo con una ridotta profondità di filetto.
3-PASSO: Nelle viti a un principio il passo p è la distanza tra le creste di due filetti consecutivi o, più in generale, tra due punti omologhi situati su fianchi paralleli, misurata in ogni caso parallelamente all'asse della vite; nella filettatura a più principi occorre però distinguerne il passo vero (quello di un filetto, o passo del profilo) dal passo apparente, che è quello dell'intera filettatura.
4-SENSO DELL 'AVVOLGIMENTO: l'elica, e di conseguenza la vite, viene definita destra quando ha senso tale da allontanarsi dall'osservatore rotando nel verso delle lancette dell'orologio, altrimenti è detta sinistra. Le viti hanno normalmente elica destra e solo in casi particolari vengono filettate secondo un'elica sinistra.
5-DIAMETRO NOMINALE: questo diametro, che viene utilizzato per la designazione convenzionale della filettatura, coincide, fatta eccezione per la filettatura gas, con il diametro esterno d della vite e con quello corrispondente D della madrevite. Il diametro misurato sul fondo del filetto della vite o sulla cresta del filetto della madrevite è detto diametro di nocciolo.
6-ANGOLO DELL’ELICA: L’angolo dell’elica in un filetto è l’angolo formato tra un piano perpendicolare all’asse della filettatura e la tangente all’elica.
3-Sistemi di filettature
Gli elementi che caratterizzano ogni sistema di filettatura sono:
a) forma del filetto;
b) valori dei diametri nominali scelti per la vite e la madrevite;
c) valori dei passi in relazione ai vari diametri;
d) tolleranze di lavorazione.
In base alla forma del filetto si può allora parlare di filettature a profilo triangolare, trapezoidale, a denti di sega, ecc. Considerando la lunghezza del passo in rapporto al diametro si, possono avere filettature a passo grosso e a passo fine.
Se invece si prende in esame l'impiego degli organi filettati si possono distinguere sistemi di filettature per collegamento, per organi di manovra, per impieghi particolari.
I tipi di filetti unificati in campo nazionale ed intemazionale sono diversi:
1) Filettature metnche lSO
2) Filettature Whitworth
3) Filettature gas
4) Filettature trapezie
5) FilettahIre a denti di sega
6) Filettature speciali.
Le misure sono generalmente espresse in millimetri per le filettature metriche, trapezie e a denti di sega; in pollici e frazione di pollice per le filettature Whitworth e per quelle gas.
L 'angolo formato dai fianchi del filetto nelle viti triangolari, è di 60° nelle filettature metriche (il triangolo generatore è equilatero); 55° nelle filettature Whitworth e gas (il triangolo generatore è isoscele); 30° nelle filettature trapezie (triangolo generatore isoscele) e circa 30° in quelle a denti di sega (triangolo generatore rettangolo).
Filettature metriche ISO a profilo triangolare
Da un triangolo equilatero con lato uguale al passo avente la base parallela all'asse della filettatura è derivato il profilo base che ha i vertici troncati. Il profilo nominale della madrevite e uguale a quello base; quello della vite invece è diverso perchè sul fondo i fi
letti hanno un arrotondamento, necessario per ragioni di fabbricazione e per garantire la resistenza della filettatura a fatica. In pratica le filettature hanno un profilo di esecuzione che può scostarsi da quello nominale: le madreviti hanno anch'esse un arrotondamento sul fondo del filetto e le viti possono avere un diametro di nocciolo leggermente maggiore con un raggio di arrotondamento diverso per ridurre l'effetto d'intaglio.
Si noti che la filettatura ISO, prevedendo un gioco tra la cresta del filetto della madrevite e il fondo del filetto della vite, non assicura avvitamenti a tenuta stagna.
Le formule di proporzionamento di una filettatura metrica ISO sono sempre espresse in funzione del passo.
Di seguito è riportata la tabella UNI 4535 con le dimensioni delle filettature metriche.
Quando si scelgono le filettature da impiegare si deve dare la preferenza a quelle della colonna 1; in caso di necessità si possono usare quelle della colonna 2; se possibile evitare di scegliere le filettature della colonna 3.
a) la filettatura è tra quelle unificate a passo grosso. In questo caso ad ogni diametro nominale corrisponde un unico passo: esse vengono perciò designate con il simbolo M seguito dal valore del diametro nominale. Esempio: per una filettatura con diametro nominale di 10mm e passo di 1,5 mm la designazione è M10.
b) la filettatura è tra quelle unificate a passo fine. In questo caso ad ogni diametro nominale corrisponde un passo diverso da quello grosso e spesso corrispondono più passi: si è perciò convenuto di designare queste filettature con il simbo M seguito dal valore del diametro nominale, poi dal segno x di moltiplicazione e infine dal valore del passo. Esempio: per una filettatura con diametro nominale 10 mm e passo di 1 mm, la designazione è M10x1. Se il passo fosse di 0,75 mm, la designazio sarebbe M10x0,75.
In alcuni casi occorrono altre precisazioni per completare l'indicazione della filettatura:
-se la filettatura ha più principi si deve aggiungere il numero dei principi seguito dall'abbreviazione fil; esempio: M18-3 fil nel caso di una filettatura a 3 principi
-se la filettatura ha elica sinistra anzichè destra si deve aggiungere l'abbreviazione sin.
esempio: M 12x1,25 sin. E’ prevista la sostituzione di sin con la sigla LH (Left Hand) accettata internazionalemente.
Filettatura Whitworth
È basata su un triangolo generatore con angolo del profilo di 55°; fondo e cresta del filetto sono arrotondati sia nella vite che nella madrevite. Le dimensioni sono espresse in frazioni della misura inglese, il pollice. Il passo è definito in base al numero z di filetti presenti su una lunghezza assiale di un pollice. Noto il numero z di filetti contenuti in un pollice, si ottiene il passo espresso in millimetri con la formula: p=25,4/z .
Si designa indicando: il diametro nominale in pollici seguito dalla lettera W. Ad esempio la filettatura da ¾ di pollice, cui corrisponde il diametro di 19,05 mm, si indica con:
3/4W
Rispetto al sistema ISO, abbiamo quindi un diverso angolo del profilo, e la presenza di un arrotondamento anche sulla cresta. Inoltre, a parità di diametro, il passo Whitworth è maggiore del passo grosso ISO.
Filettature gas
Derivate dalle filettature Whitworth, si differenziano da queste per i passi che sono più fini (ad eccezione del passo relativo ad 1/4"). La denominazione gas è dovuta all'impiego che esse ebbero inizialmente in condutture di gas.
La filettatura gas trova applicazione nei collegamenti per tubazioni e apparecchiature adibite al convogliamento dei fluidi.
La designazione della filettatura è convenzionale perchè si riferisce al diametro interno del tubo sul quale era usata quella filettatura. Cioè una filettatura gas da 1" ha un diametro esterno di vite di 33,249 mm e un tempo era appunto eseguita su un tubo che esternamente aveva questo diametro e che internamente aveva il diametro di 1" per il passaggio del fluido. Le norme UNI 150 228 e UNI 150 7, che hanno sostituito rispettivamente la UNI 338 e la UNI 339, prevedono una classificazione delle filettature gas in filettature per tubazioni non a tenuta stagna sul filetto e per tubi a tenuta stagna sul filetto.
Nel primo caso il collegamento avviene con una vite e madrevite cilindrica, in cui il maggior numero di filetti per pollici rispetto alla Whitworth non basta a garantire l'ermeticità, che resta affidata alla presenza di guarnizioni.
Nel secondo caso la tenuta stagna sul filetto si ottiene invece con l'accoppiamento di una vite conica in una madrevite cilindrica o conica e viene utilizzata ad esempio nei raccordi dei tubi gas commerciali.
La filettatura gas cilindrica per accopiamenti non a tenuta stagna sul filetto è designata dalla lettera G seguita dal valore in pollici del diamtro nominale.
Nel caso delle filettature coniche a tenuta stagna sul filetto, la vecchia designazione UNI 339 indicava con Gj la filettatura cilindrica interna e con Gc la filettatura esterna conica, seguita dalla dimensione nominale espressa in pollici. La più recente norma UNI ISO 7 ha introdotto una nuova simbologia e precisamente:
-la lettera R seguita dalla lettera p e dal valore del diametro nominale per le filettature interne cilindriche (es. Rp1/2)
- la lettera R seguita dalla lettera c per le filettature interne coniche (es. Rc1/2)
-la lettera R seguita dal valore del diametro nominale per le filettature esterne coniche (es. R 1/2).
Filettature trapezoidali
Sono utilizzate per viti di manovra cioè quando, ruotando la vite o la madrevite, si vuole ottenere uno spostamento reciproco di due organi meccanici, soprattutto per viti di trasmissione di carichi di notevole entità.
Nel profilo trapezoidale il gioco tra fondo del filetto della vite e la cresta del filetto della madrevite è relativamente grande.
Le tabelle a cui fare riferimento sono le UNI ISO 2901-2904. La designazione di una filettatura trapezia si effettua indicando il simbolo Tr seguito dal diametro nominale, dal passo del profilo.
Se la vite ha più filetti, dopo il diametro nominale si indica il passo dell’elica (spostamento assiale per giro) e poi tra parentesi il passo del profilo; se la filettatura è sinistra, si aggiunge LH (Left Hand in inglese).
Ad esempio Tr 50 x 8 è una filettatura trapezia di 50 mm di diametro nominale e 8 è il valore del passo; Tr 50 x 24 (P8) LH è una filettatura sinistra trapezia a 3 principi (3 x 8 = 24).
Filettatura a dente di sega
Viene usata nei collegamenti filettati tra tubi soggetti a sforzi intensi solo in senso assiale. Ha un fianco inclinato di 3° che meglio reagisce al carico.
Tra vite e madrevite è previsto un forte gioco assiale e un centraggio sul diametro esterno. La UNIM 127 e 128 unificano rispettivamente le filettature a denti di sega normale e fine, rispettivamente indicate con SgN e SgF.
La designazione si effettua indicando il diametro nominale, seguito da uno dei due simboli visti . Ad esempio una vite con diametro nominale di 80 mm con due filetti con elica sinistra si designa con: 80 SgN 2 fil sin.
Altri tipi di filettature
Diverse altre filettature sono previste per impieghi particolari: in genere sono ricavate su componenti normalizzati e non eseguite su particolari meccanici, come spesso avviene per le filettature triangolari. Tra le filettature per impiego particolare si hanno quelle per viti autofilettanti che trovano largo impiego nell'industria automobilistica, ferroviaria, aeronautica e negli elettrodomestici: sono capaci di creare esse stesse la loro sede filettata (madrevite).
Vi sono poi altre filettature speciali tra le quali:
a) Filettature per viti da legno, unificate nella tabella UNI 699; la filettatura viene realizzata su un gambo conico con filetto relativamente piccolo rispetto al passo, e per permettere un facile avvitamento nella parte superiore del gambo l'elica media è meno inclinata rispetto alla parte inferiore; questa caratteristica crea inoltre una forte resistenza allo svitamento. La designazione avviene indicando il diametro nominale ed il riferimento alla norma. Esempio: filettatura 5 UNI 699.
b) Filettatura BA (British Association) che differisce dalla Whitworth perche ha l'angolo di 47°30', invece che di 55° e usata per diametri nominali da 0,25 a 6mm.
c) Filettatura metrica per accoppiamenti a tenuta stagna (UNI 7707)
d) Filettature tonde per attacchi di lampade, dette Edison.
4-Rappresentazione delle filettature
Gli elementi filettati vengono rappresentati in modo sintetico. Nei disegni più complessi, le viti e i bulloni non si disegnano affatto, riducendone la rappresentazione ai soli assi di simmetria corredati delle necessarie indicazioni.
Le convenzioni per la rappresentazione delle filettature nei disegni sono contenute
nelle norme UNI EN ISO 6410.
Filettature in vista
Filettature non in vista
Quando è necessario rappresentare una filettatura non in vista si ricorre a linee a tratti di tipo grosso per la cresta, di tipo fine per il fondo del filetto, analogamente alle filettature in vista.
Dalle rappresentazioni si può notare che le linee grossa e sottile, rispettivamente rappresentative della cresta e del fondo del filetto, occupano posizioni invertite nella vite e nella madrevite.
Nelle due proiezioni laterali, in particolare, risultano invertite le posizioni dei cerchi grosso e sottile.
Queste inversioni grafiche sono pienamente giustificate perchè nel perno filettato la
cresta del filetto viene a trovarsi sul diametro esterno e il fondo su quello interno, mentre nel foro filettato avviene esattamente l'opposto.
Una regola pratica fa notare che le linee grosse delimitano sempre, nella vite e nella
madrevite, la distanza misurabile.
Filettature in sezione
Le rappresentazioni del fondo e della cresta si fanno in sezione con gli stessi criteri generali della filettatura in vista, osservando che il tratteggio della superficie sezionata deve ragggiungere la linea grossa indicativa della cresta del filetto, e che nel disegno di vite e madrevite accoppiate le filettature delle viti nascondono quelle delle madreviti.
Traccia della lezione
Obiettivi didattici
Gli obiettivi formativi delle diverse unità didattica sono descritti nella programmazione relativa. Si sottolinea ciò che da essa risulta evidente: lo studente deve assimilare conoscenze relative alle caratteristiche di organi meccanici e nel contempo sviluppare l’abilità nel loro utilizzo e nella loro rappresentazione. Cioè lo studio teorico è immediatamente, se non contemporaneamente, seguito da quello pratico. In questa materia, forse in maniera maggiore di altre, è possibile in maniera concreta usare la pratica per far meglio assimilare la teoria agli studenti. Del resto, ciò che si vuole raggiungere con la materia ‘disegno meccanico’ è lo sviluppo di abilità descrittive e progettuali nei discenti. Gli obiettivi di conoscenza sono stati differenziati per ogni tipologia di organi meccanici. Si è scelto a volte, per non appesantire la lettura della programmazione, di raggruppare sotto un’unica voce gli obiettivi di abilità riguardanti la rappresentazione e la designazione. Quindi il numero di obbiettivi di conoscenza è simile a quelli di abilità. Ad una descrizione teorica di un organo segue sempre lo sviluppo dell’abilità nel disegnarlo e nel designarlo secondo norma.
Sussidi didattici
Come sussidi didattici si possono usare i testi in adozione se considerati di buon livello. Eventualmente si possono integrare con dispense e presentazioni a cura del docente, come descriverò più avanti cominciando a usare i diversi sussudi multimediali. Importante è l’uso del manuale del perito industriale, in particolare per due motivi: è fornito delle tabelle UNI-EN-ISO che, rispetto al passato, non sono più presenti per problemi di copyright in molti testi didattici; si inizia a familiarizzare con un testo che si utilizzerà profiquamente nella vita professionale. Ritengo importantissimo per l’apprendimento l’utilizzo di veri organi normati da mostrare agli studenti. Similmente l’utilizzo di internet, come descriverò in seguito, può aiutare l’apprendimento.
Prerequisiti, ipotesi e tesi
Si può considerare l’unità didattica come fosse un teorema.Ad esempio la tesi che l’unità sui collegamenti amovibili si prefigge è la seguente: conoscere, saper scegliere e saper disegnare gli organi meccanici che permettono di costituire collegamenti amovibili che non utilizzano unicamente le unioni filettate.
I prerequisiti necessari allo sviluppo dell’unità sono le conoscenze sviluppate nelle unità precedenti, con particolare riguardo alle unioni filettate, dove per la prima volta lo studente ha incontrato organi normati. Questa caratteristica, cioè l’utilizzo di particolari e di designazioni secondo norma costituiscono l’ipotesi da cui partire.
Traccia di lezione
Come gia detto, per coinvolgere in miglior modo gli studenti, è bene mostrare loro veri particolari normati. Ad esempio la visione di un’unione albero mozzo con linguetta permette di capire molto facilmente la morfologia degli stessi e anche il modo in cui interagiscono scambiandosi forze. Dal particolare reale è più semplice passare alla sua rappresentazione nel disegno. Particolare enfasi va posta su come si scambiano le forze i pezzi accoppiati e di conseguenza sui vincoli introdotti da questi collegamenti. Così si sviluppa la capacità di scegliere l’accoppiamento adatto alle diverse esigenze richieste da una particolare applicazione. Inoltre, sapere come ‘lavorano’ i pezzi, permette di evitare grossolani errori nella loro rappresentazione. Se, ad esempio, vogliamo attuare un accoppiamento conico, che lavori per attrito, ci preoccuperemo di evitare qualsiasi deleterio spallamento che, ostacolando il movimento assiale relativo fra mozzo e albero, impedisca che l’attrito si attui quando si mette in tensione l’unione filettata. Contemporaneamente ci si focalizza sull’uso ragionato del tipo di quotatura e delle tolleranze applicate. In questo modo il nuovo argomento affrontato in questa unità didattica permette di ripassare e meglio capire gli argomenti delle precedenti.
Gli strumenti multimediali che via via vi descriverò (testi, immagini, filmati, rete web) aiutano a raggiungere gli obbiettivi didattici perché incrementano le possibilità e varietà d’informazione verso lo studente e perché, affiancandosi a esperienze reali (il vero pezzo meccanico), aggiungono esperienze di realtà virtuale (la simulazione).
sabato 8 dicembre 2007
Cenni di programmazione didattica
Beh, direte voi, ma com’è che permetti i ‘cordialini’ in classe?
Primo: se non romanzo un po’ la verità, chissà che noia per voi che leggete!
Primo e mezzo: sempre parlando di didattica, il racconto crea un evento che suscita, almeno spero, interesse e permette di ricordare meglio quanto trattato.
Secondo: lasciate ogni speranza a voi che entrate in un itis o professionale per meccanici. Pensate che farete l’insegnante? Forse, nei ritagli di tempo. Minimo siete dei carabinieri! Se cercate di fare l’insegnante inflessibile, oltre all’auto vi disfano anche la testa! Potrei motivare meglio quanto scritto, ma non è lo scopo di questo blog. Comunque, è facile intuire che le componenti marginali del vivere sociale non vanno certo al liceo.
Terzo: ho ottenuto risultati didattici e umani ottimi da quella classe. Hanno imparato il disegno, non mi hanno distrutto la macchina, anzi mi hanno incollato un foglio con scritto: ‘Gargiu, ti vogliamo bene’.
Tornando alla didattica, prima di elencare alcune metodologie multimediali, mi piace descrivervi le caratteristiche essenziali della programmazione didattica annuale in parte da me usate nel passato e in parte assimilate durante il corso Silsis.
Essa, partendo da eventuali prerequisiti e dall’analisi di partenza della classe, si pone il traguardo di raggiungere degli obiettivi attraverso la trasmissione di contenuti. Questo si attua attraverso l’uso di metodologie, strumenti, materiali (tradizionali o innovativi, la multimedialità per esempio).
I criteri di verifica, servono a stabilire se si sono raggiunti gli obiettivi prefissati.
Tutto questo, se ben sintetizzato nella programmazione, aiuta il docente nel suo lavoro.
Riguardo agli obiettivi, è possibile classificarli in tre categorie:
Obiettivi delle conoscenze (conoscenze descrittive – ‘che cosa’)
Obiettivi delle abilità (conoscenze procedurali – ‘come’)
Obiettivi delle competenze (conoscenze contestuali – ‘con’)
Su questa base è possibile definire l’unità didattica come l’elemento minimo della programmazione che si prefigge di perseguire degli obbiettivi specifici che appartengono alle prime due categorie descritte.
L’unione di due ho più unità didattiche omogenee rispetto ad un obbiettivo di competenza, crea il modulo. In questa maniera la programmazione didattica diviene modulare.
La verifica di fine unità servirà a testare le conoscenze (Cn) e le abilità (Ab) sia per la teoria (T) che per l’eventuale laboratorio (L).
Una verifica di fine modulo, meno specifica e di più ampio respiro, servirà a testare le competenze degli alunni nel contestualizzare in scenari meno restrittivi le conoscenze e abilità assimilate dalle unità. Chiaramente conoscenze e abilità sono ritenute indispensabili per il raggiungimento della sufficienza. Il raggiungimento di certe competenze permettono un giudizio migliore del profitto degli alunni. Comunque, anche nelle singole unità esistono obiettivi di conoscenza e abilità ritenuti facoltativi.
Di seguito vi espongo un esempio di programmazione didattica modulare per Disegno Meccanico in una terza ITIS:
MODULO A – NORME PER IL DISEGNO MECCANICO
UNITA’ A1 Introduzione e strumenti di lavoro
UNITA’ A2 Rappresentazione di particolari meccanici
UNITA’ A3 Quotatura di particolari meccanici
MODULO B – COLLEGAMENTO FRA PARTICOLARI MECCANICI
UNITA’ B1 Collegamenti fissi
UNITA’ B2 Organi di collegamento filettati
UNITA’ B3 Organi di collegamento amovibili
MODULO C – FINITURA SUPERFICIALE E TOLLERANZE
UNITA’ C1 Tolleranze dimensionali
UNITA’ C2 Rugosità
UNITA’ C3 Zigrinature
MODULO D – SVILUPPO DI DISEGNI D’ASSIEME
UNITA’ D1 Considerazioni tecnologiche e meccaniche
UNITA’ D2 Disegno d’assieme
MODULO E – DISEGNO ASSISTITO DAL CALCOLATORE
UNITA’ E1 Disegno bidimensionale
UNITA’ E2 Elementi di modellazione solida
Sviluppiamo ora due unità del mcodulo B:
UNITA’ B2 Organi di collegamento filettati
Prerequisiti: Nozioni di base di disegno tecnico Contenuti: Generalità e definizioni sui collegamenti filettati, rappresentazioni, tipi di filettatura, designazione, organi di collegamento. Tempi: 3 settimane
N.B.: Cn=conoscenza, Ab=abilità, T=teoria, L=laboratorio.
Obiettivi di teoria fondamentali
· CnT1 Conoscere gli scopi delle unioni filettate.
· CnT2 Conoscere la definizione degli elementi geometrici caratteristici.
· CnT3 Conoscere i principali sistemi di filettatura.
· AbT1 Sapere rappresentare le unioni filettate (in particolare vite mordente, bullone e prigioniero).
· AbT2 Sapere quotare le unioni filettate.
· AbT3 Sapere consultare le tabelle unificate.
· AbT4 Saper rappresentare i dispositivi antisvitamento.
Obiettivi di teoria opzionali
· CnT4 Conoscere i processi di ottenimento per gli organi filettati.
· CnT5 Conoscere le classi di resistenza per viti.
· CnT6 Conoscere forma e scopi delle gole di scarico.
· AbT5 Sapere consultare le tabelle unificate per le gole di scarico.
Obiettivi di laboratorio fondamentali
· AbL1 Sapere utilizzare i comandi CAD per disegnare le unioni filettate.
Modalità di verifica, di recupero e/o approfondimento Verifica scritta/grafica a fine unità. Eventuale rivisitazione dei contenuti e verifica di recupero. Eventuale approfondimento mirato e valutato in itinere e in contemporanea al recupero.
UNITA’ B3 Organi di collegamento amovibili
Prerequisiti: Nozioni di disegno tecnico industriale, finitura superficiale, tolleranze e unioni filettate. Contenuti: · Assi e alberi. · Chiavette. · Linguette. · Accoppiamenti scanalati. · Perni e spine. · Anelli elastici. · Esempi di collegamenti con organi non filettati. Tempi: 3 settimane
N.B.: Cn=conoscenza, Ab=abilità, T=teoria, L=laboratorio.
Obiettivi di teoria fondamentali
· CnT1 Saper definire gli assi e gli alberi in base alla loro funzionalità.
· CnT2 Saper descrivere le diverse estremita d’albero.
· CnT3 Saper descrivere la diversa funzione delle chiavette e delle linguette.
· CnT4 Conoscere le caratteristiche di un accoppiamento scanalato.
· CnT5 Conoscere la funzione di perni e spine.
· CnT6 Conoscere la funzione degli anelli elastici.
· AbT1 Saper rappresentare e quotare collegamenti con chiavette, linguette, perni, spine e anelli elastici su alberi e assi.
· AbT2 Designare le chiavette, linguette, perni, spine e anelli elastici secondo la normativa unificata.
Obiettivi di teoria opzionali
· CnT7 Saper scegliere le frese adatte per costruire le sedi per linguette.
· AbT3 Rappresentare e designare alberi e mozzi scanalati.
Obiettivi di laboratorio fondamentali
· AbL1 Saper utilizzare i comandi CAD per disegnare collegamenti amovibili utilizzando le librerie di normalizzati a disposizione.
Modalità di verifica, di recupero e/o approfondimento Verifica scritta/grafica a fine unità. Eventuale rivisitazione dei contenuti e verifica di recupero. Eventuale approfondimento mirato e valutato in itinere e in contemporanea al recupero.
Cosa tratterò
Riguardo alla didattica, desidero esprimere in particolare, almeno inizialmente, le mie idee sulla didattica del disegno di macchine. Elenco, non in ordine di importanza, le motivazioni che mi hanno fatto scegliere questa materia: è quella che ho maggiormente insegnato; da circa 12 anni lavoro come progettista, utilizzando quindi giornalmente i concetti che essa descrive.
Preciso inoltre, che mi riferisco con ‘disegno di macchine’ alla materia insegnata nel triennio di specializzazione per periti meccanici o nel triennio professionalizzante per operatore meccanico. A volte la stessa materia è definita come ‘disegno meccanico’ o ‘disegno, progettazione e organizzazione industriale’.
La crescente importanza assunta negli ultimi 20 anni dalle tecnologie informatiche ha certamente inciso in maniera importante in molti aspetti della vita quotidiana di ogni individuo. Certamente si sono moltiplicati i canali trasmissivi dell’informazione. Per questo la parola ‘multimedialità’, un tempo penso ai più sconosciuta, è diventata d’uso comune. Con essa ce si riferisce all’uso contemporaneo e integrato di diversi strumenti per la comunicazione allo scopo divulgativo e didattico. Con un paragone meccanico, questi strumenti trasportano ‘vettori d’informazione’ con diverse unità di misura, che possiamo così sintetizzare:
- testi
- immagini
- filmati
- suoni
Oltre alla quantità d’informazione notevole permessa dalla multimedialità, un’altra sua caratteristica importante è l’interattività con il fruitore che si muove nei suoi canali in maniera attiva potendo diventare ‘attore’ del processo comunicativo.
Una tecnica importante sviluppata dalla multimedialità è quella della realtà virtuale che permette una riproduzione di qualcosa di reale, a scopo analitico, sintetico, divulgativo.
Da quanto appena scritto, risulta pertanto chiaro come la multimedialità possa essere un valido strumento per l’applicazione della didattica. I suoi canali informativi aumentano le possibilità di espressione per un docente, aumentando le probabilità che riesca nel suo scopo, cioè la trasmissione di un ‘certo sapere’ ai discenti. Inoltre da ‘strumento’ la multimedialità in taluni casi diventa inevitabilmente ‘argomento’ della didattica, se questa vuole essere ‘moderna’, cioè applicata al mondo reale e attuale. Mi riferisco a ciò che ho già usato in ambito di didattica per meccanici. Vi spiegherò meglio in un prossimo intervento che tratterà dell’utilizzo della rete web per scopi professionali.
Tra le materie del corso per meccanici, ritengo inoltre che proprio il disegno meccanico sia quella in cui si possono sfruttare maggiormente le potenzialità della multimedialità. In primo luogo perché il disegno è un linguaggio visuale che serve a sintetizzare oggetti reali e l’immagine è uno dei ‘vettori’ della multimedialità. Poi questo linguaggio è universale e, probabilmente più di qualsiasi altro, non abbisogna di traduttori intermediari; così la multimedialità si prefigge di essere universale. Il disegno usa oggi, per esprimersi, strumenti informatici (Cad, Cam, Fem, ecc…) che ricreano realtà virtuali. Insomma, cosa volete che vi dica in più….convinti?
Ah, forse il caro amico Simone ‘Mazatrol’ Lugli vuole qualche notizia in più sul Cad. Bene, ne approfitto per ringraziarlo per la richiesta e per la fiducia accordatami e spiego anche a chi gentilmente stia leggendo questo blog senza essere un ‘silsino/a’ che esso fa anche parte di una prova dell’esame di Multimedialità presso la SILSIS di bergamo e brescia.
Simone, mago del CAM, porta pazienza, prima parlo di Multimedialità, poi vediamo….qualche volta devo pure mangiare e lavarmi….per il dormire ho scoperto con piacere con la vecchiaia che si può in parte evitare!